In vista della trasformaazione da Onlus ad Associazione del Terzol Settore, come previsto dalla legge, lo Statuto è stato aggiornato a febbraio 2023
Aggiornamento negli anni del coronavirus
Il progetto di rallentare il ritmo di lavoro è stato vanificato dalle urgenze del quotidiano, e per rispondere alle nuove richieste abbiamo varato nuovi progetti
Ampliamento della Casa Famiglia: si è resa necessaria la costruzione di un nuovo dormitorio. Per fortuna le parti comuni ci permettono di immettere altri 30 bambini e c'è uno spazio libero sufficente da poter utilizzare per la nuova costruzione
Costruzione di una nuova sala degenza per il Dispensario di Dzamandzar, perchè è necessario separare malati e puerpere. Per fortuna che il retro del dispensario ha uno spazio sufficente comunicante con la doccia e le toilette.
Interventi di sostegno ai villaggi poveriCome nasce il progetto
Come racconto nel libro “L'Isola che
c'è”, i miei primi anni in Madagascar sono stati difficili.
Vivevo con difficoltà il trapianto
anche perchè in Italia avevo lasciato una figlia malata di diabete e cercavo di
raggiungerla il più spesso possibile.
Poi mia figlia del 2005 è morta e nel
suo ricordo ho deciso di pubblicare il libro destinando i fondi raccolti alla
cura dei diabetici di Nosy Bè. Nello stesso periodo mi fu chiesto di sostituire
il console onorario che doveva rientrare in Italia per questioni di salute.
Con molte perplessità accettai
l'incarico e cominciai sempre di più a partecipare alla vita dell'isola
rendendomi conto delle condizioni difficili in cui viveva la popolazione.
Alcuni alberghi gestiti da italiani mi aprirono le porte permettendomi di
parlare ai turisti per raccogliere fondi per l'aiuto ai diabetici.
Un pomeriggio, mentre parlavo ai turisti ospiti di
Orangea Village e stavo raccomandando di non dare nulla ai bambini per evitare
di abituarli a mendicare alcune signore mi dissero di aver portato degli
indumenti. Poichè sapevo che a Dzamandzar c'era un dispensario dissi che avrei
cercato di organizzare lì una distribuzione. Il medico mi diede il permesso e
un venerdì mattina mi recai li e con le signore italiane e cominciammo la
distribuzione dei vestitini. Mentre ci apprestavamo ad andarcene il medico ci
invitò a visitare la maternità, e così scoprimmo che la sala parto era in
condizioni pietose, senza acqua e con un lettino ginecologico senza staffe. La
sala degenza era altrettanto pietosa, il tetto del dispensario era mezzo
crollato e in alcuni punti l'acqua entrava nei locali.
Vedemmo un neonato sdraiato vicino alla sua mamma su un
lamba (un tessuto usato come abito dalle donne Sakalava) che copriva un
pezzo di gomma putrescente. Scoprimmo così che per le donne SaKalava è “fady”
(proibito) lamentarsi durante il parto, che deve avvenire in un silenzio
assoluto.
E così prendemmo in carico la
ristrutturazione del dispensario e riuscimmo a finire i lavori del 2014 con la
donazione di un ecografo e di un letto da parto ultimo modello.
Ma il lavorare nel territorio ci
rendeva sempre più consapevoli dei bisogni della popolazione ed è cominciato
così l'aiuto ai villaggi poveri con distribuzione di indumenti e soprattutto di
materiale scolastico.
Alcuni medici hanno incominciato ad aiutarci procurandoci
integratori alimentari, latte in polvere, antibiotici ed antidolorifici mentre
un dentista, il dott. Rossetti ci inviava 500 spazzolini per iniziare un
discorso di igiene dentario nelle scuole. E nel discorso della prevenzione si
inseriva anche la pubblicazione di un libro tratto da uno studio di tre medici
intitolato La Santè en Images, e con la spiegazione di questo libro agli
allievi delle scuole è iniziata la nostra collaborazione con le Suore
Battistine.
Abbiamo anche cominciato ad aiutare i
bambini motulesi, ristrutturando lo stabile che li ospita e raccogliendo
fondi per pagare loro la scolarità e le operazioni.
Si può dire quindi che il progetto è
nato quasi per caso, un piccolo seme che ha cominciato a vivere di vita
autonoma dando vita a un albero che continua a crescere e a ramificarsi, e l'ultimo ramo che è spuntato è la
costruzione di una casa famiglia per poter garantire il diritto allo studio dei
bambini che vivono nelle situazioni più disagiate.
Ormai l'albero dovrebbe aver raggiunto
il suo massimo sviluppo, almeno spero, e quindi dovremmo solo mantenerlo in
vita.